Donadoni: “Dopo l’esonero di Giampaolo mi chiamò un dirigente del Milan”

By Luca Maninetti -

Roberto Donadoni ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport in edicola questa mattina, ecco le sue parole

Roberto Donadoni ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport in edicola questa mattina, ecco le sue parole:

Sull’esonero di Giampaolo: “Mi chiamò Boban ma io ero allo Shenzhen, non me la sentii di lasciare in corsa. Sono una persona di parola. Nel ’96 ero in scadenza col Milan: mi proponevano un anno, io ne chiedevo due e mi accordai con i New York Metrostars. Feci un buon Europeo e Galliani mi chiamò: ‘Ti offriamo altri due anni“.

Su Pulisic: “È determinante, gioca ovunque, eccelle nell’uno contro uno, ti punta e ti salta. E segna dei gran gol, come a Bologna. Un po’ alla Donadoni, sì“.

Sul suo arrivo al Milan nel 1986: “Bortolotti, presidente dell’Atalanta, aveva deciso di vendermi alla Juve ma io, supportato dal d.s. Previtali, spinsi per il Milan. Tifavo per loro… La partita più bella del suo Milan? La finale di Coppa Campioni ’89 con la Steaua. Abbiamo giocato partite migliori e battuto avversari più forti, ma quello è lo spartiacque che ci ha proiettato in un’altra dimensione: li facemmo sembrare mediocri. E non lo erano“.

Su Milan e Inter: “Non so come finirà, ma so che durerà tutto l’anno: Milan e Inter sono strutturate per scudetto e Champions. I nerazzurri hanno più consapevolezza, il Milan ha l’intraprendenza dei nuovi, che mi piacciono tutti, Reijnders, Loftus-Cheek…”.

Sul compagno più forte: “Van Basten il top. Di botte ne ho prese tante… Beppe Baresi, Conte, Vierchowod. E Bruscolotti: mi diceva ‘se superi la linea di centrocampo ti spacco una gamba‘”.

Su Berlusconi: “Berlusconi, esempio professionale e umano. E Spinelli: a Livorno ci fu qualche incomprensione, tutto appianato negli anni. Ogni tanto mi chiama: ‘Io non capisco, come fa uno bravo come lei a essere senza squadra?’“.

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