Sono passati 18 mesi dal ritorno di Zlatan Ibrahimović al Milan, ma la sua terza avventura in rossonero sembra avviata verso un epilogo opaco. L’ex fuoriclasse svedese, inizialmente presentato come uomo chiave nella rifondazione del club, oggi è al centro di una nebbia fitta, tra incertezze sul ruolo, scelte societarie discutibili e risultati deludenti. La sensazione è che, nel silenzio, qualcosa si sia rotto.
Un ruolo senza contorni: potere svanito e presenza evanescente
All’inizio della stagione, Ibra era ovunque: vicino alla squadra, al fianco della dirigenza, presente negli spogliatoi. Poi, da febbraio, la svolta. Gerry Cardinale ha ridotto formalmente i suoi poteri, e da quel momento la sua figura è progressivamente scomparsa dalla scena pubblica. Oggi, il suo ruolo appare più simbolico che operativo, generando interrogativi non solo tra gli addetti ai lavori, ma soprattutto tra i tifosi, sempre più critici.
Pressioni crescenti dai tifosi: da idolo a bersaglio
Il “Quotidiano Sportivo” ha evidenziato come Ibrahimovic sia ora sotto esame da ogni parte, ma il giudizio più duro arriva dalla curva. Una parte della tifoseria, che un tempo lo osannava, ora chiede chiarezza e responsabilità. L’accusa principale? Non aver influenzato a sufficienza le decisioni del club, che ha continuato a puntare su una strategia di sostenibilità a basso impatto, senza investimenti di peso.
Il crollo del “modello Milan”: stagione in rosso e senza anima
La stagione rossonera si concluderà in rosso, senza trofei e senza progressi tangibili. Il tanto sbandierato modello sostenibile ha mostrato i suoi limiti, portando la squadra a navigare senza direzione né anima. E in questa deriva, l’ombra lunga di Ibrahimovic viene letta da molti come l’incapacità di opporsi a scelte poco coraggiose. Il risultato? Una presenza svilita e una reputazione in calo.
L’arrivo di Tare e il nodo allenatore: le parole di Ambrosini

Intanto, il club prova a ripartire. Massimo Ambrosini, intervenuto su DAZN durante la vittoria sul Monza, ha commentato la probabile nomina di Igli Tare come nuovo direttore sportivo. “È una persona seria, con cultura calcistica – ha detto – ma non risolve tutto da solo.” Il segnale è chiaro: il Milan vuole ridefinire le sue gerarchie.
Ambrosini ha parlato anche della successione a Pioli: da Italiano a De Zerbi, passando per l’ipotesi Conte, la scelta del nuovo allenatore sarà cruciale per la rinascita del progetto tecnico.
Reijnders e Maignan: le colonne da non sacrificare
Le voci di mercato riguardano anche Tijjani Reijnders, accostato al Manchester City. Ambrosini è stato netto: “È l’ultimo che venderei”. Stesso discorso per Mike Maignan, ritenuto un leader anche fuori dal campo. In un momento in cui la squadra ha mostrato poca energia, cedere punti fermi significherebbe minare ulteriormente la credibilità del progetto.
Una protesta esemplare e un messaggio forte
In questo clima di incertezza, va segnalata la compostezza della protesta dei tifosi, giudicata “impeccabile” dallo stesso Ambrosini. La richiesta è chiara: più passione, più identità, più chiarezza. “Mancava l’anima” è il verdetto della stagione. Ed è proprio su questo che si giocherà il futuro del Milan. E, forse, anche quello di Ibrahimovic. Se davvero il ruolo di Zlatan sarà ridimensionato ulteriormente, come si vocifera, la sua partenza diventerà solo una formalità. Quel che resta è l’amarezza di un’icona che, per la prima volta, sembra essersi persa nel caos che voleva domare.