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Il paradosso del Milan per il nuovo Ds: tanti nomi, nessuna scelta

Dietro la facciata di un club meticoloso e riflessivo si cela, in realtà, un Milan che arranca. Lontano dall’immagine di una società che “valuta tutti i candidati”, il Diavolo appare oggi come un’entità incapace di convincere persino uno solo tra i profili individuati per il ruolo di direttore sportivo. Non è un problema di alternative — ce ne sono fin troppe — ma di leadership, di capacità decisionale, di peso politico. E soprattutto, di tempo. Un tempo che il Milan continua a dilapidare.

Paratici e Tare: occasioni mancate o segnali chiari?

Due nomi si sono avvicinati concretamente a via Aldo Rossi: Fabio Paratici e Igli Tare. L’ex Juventus era stato contattato, si era parlato persino di un possibile incontro decisivo. Ma dopo un breve riavvicinamento, è calato il gelo. Paratici ha scelto di rimanere agli Spurs. Una storia già vista poche settimane con il primo nome passato al vaglio della dirigenza rossonera: Andrea Berta, ora all’Arsenal.

Anche Igli Tare ha incontrato due anime diverse del club: prima il duo Cardinale-Ibrahimović, poi Furlani. Due interlocutori, zero sviluppi. Tare sembra essere rimasto bloccato in quel limbo tipico del Milan targato RedBird, dove l’interesse non si trasforma mai in proposta, e la proposta non arriva mai nei tempi giusti.

Una lista infinita per non scegliere mai

In parallelo, il club continua a battere la grancassa dei “dirigenti attivi”. D’Amico, Sartori, perfino nomi difficilmente raggiungibili come Manna. Una narrazione costruita per mascherare l’assenza di direzione. In realtà, siamo di fronte a una dinamica ben nota: moltiplicare le opzioni per non scegliere nessuna. La filosofia della gestione RedBird non è quella del rischio calcolato, ma del rischio sterilizzato. Ogni decisione passa al vaglio di analisi, algoritmi, valutazioni costi-benefici. Nulla si muove finché ogni scenario non è stato sviscerato. Ma il calcio, come la vita, non aspetta.

Fonseca e il precedente che inquieta

La scelta di Paulo Fonseca per la panchina ne è l’esempio perfetto. Un allenatore che ha vinto la corsa più per resistenza che per convinzione, al termine di un’estate passata tra corteggiamenti a vanvera e valutazioni interminabili. Fonseca non era la prima scelta, né forse la seconda. Ma è stato il risultato finale di un algoritmo in ritardo. Un problema strutturale: il Milan sceglie sempre alla fine, quando il mercato è già cambiato e i migliori hanno già detto sì ad altri.

Il coraggio che manca al Milan

Il vero ostacolo è il modello decisionale: collegiale, complesso, paralizzante. Nessuno — né Cardinale, né Furlani, né Ibra — sembra disposto a prendersi la responsabilità piena di una scelta. E così, per sopravvivere alla “porta girevole” della dirigenza, si preferisce girare in tondo. Non si esce mai, certo, ma non si va nemmeno avanti. Nessuno vuole essere il prossimo a cadere, e per evitarlo basta non scegliere nulla da soi.

C’è stato un momento in cui il Milan ha agito con una certa rapidità: quando ha delegato tutto a Jorge Mendes. Il super-agente portoghese ha dettato le linee guida, portando con sé calciatori, allenatore, idee. Il risultato è stato polarizzante. Da un lato, il club si è mosso. Dall’altro, è rimasto segnato da scelte che oggi appaiono più figlie del compromesso che della visione.

Tare, l’unico nome plausibile per il Milan?

Alla fine, il nome di Tare rimane sul tavolo più per inerzia che per convinzione. È fuori dal giro, disponibile, forse più pronto ad accettare le condizioni imposte dal Milan. Ma anche lui sembra restare in attesa, bloccato da una trattativa che non decolla. Perché, ancora una volta, manca l’atto finale: la firma, la decisione. Il coraggio.

Il Milan non ha un problema di scouting, né di contatti. Ha un problema di coraggio. In un sistema in cui nessuno decide da solo, ogni scelta viene ritardata, diluita, sterilizzata. Ma il calci a questi livelli è fatto di atti. E chi non agisce, alla fine, si condanna all’irrilevanza. La sensazione, oggi, è che il Milan abbia bisogno non solo di un DS. Ma di qualcuno che abbia la forza di scegliere per davvero. Anche — e soprattutto — al posto di chi non vuole farlo.

Tags AC Milan
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