Venerdì sera il Milan ha steso l’Udinese con un netto 4-0 alla Dacia Arena, offrendo probabilmente una delle sue migliori prestazioni stagionali. Non solo per il punteggio largo, ma per la maturità tattica con cui la squadra di Conceicao ha interpretato la gara. Un successo che arriva tardi, forse troppo, ma che potrebbe lasciare una traccia importante sul piano delle idee.
Un cambio di rotta che ha fatto la differenza
Conceicao si è presentato a Udine con un piano tattico chiaro e coraggioso, dettato anche dalle circostanze. Senza terzini destri di ruolo e privo di un vero numero 10, il tecnico ha virato verso un 3-4-3 (modulabile in 3-4-2-1) che ha subito dato frutti. La rinuncia a un centrocampista offensivo in favore di un centrale ha permesso al Milan di guadagnare in solidità e controllo, specialmente in fase di non possesso, dove i rossoneri si schieravano con un 5-2-3 ben compatto.
L’idea si è rivelata vincente soprattutto in fase di pressione alta. Leao e Pulisic si chiudevano verso l’interno, mentre Theo Hernandez aggrediva la linea difensiva friulana, creando un’efficace superiorità numerica. L’Udinese non è riuscita a costruire centralmente e le transizioni offensive sono state sistematicamente neutralizzate.
Una difesa ritrovata e una pressione vincente

Il pressing alto rossonero è stato forse il vero ago della bilancia. Leao e Pulisic hanno interpretato alla perfezione i movimenti di chiusura interna, Theo ha dominato la fascia sinistra, mentre il trio difensivo ha retto ogni tentativo di sfondamento dell’Udinese. Anche nelle situazioni di inferiorità numerica apparente — come nei contropiedi a cinque orchestrati dai bianconeri — il Milan ha mantenuto la marcatura a uomo senza scomporsi, sfruttando l’organizzazione più che la quantità.
Il risultato? Zero gol subiti, pochissime occasioni concesse e un senso di dominio raramente visto in trasferta in questa stagione.
La gestione del possesso: il tallone d’Achille
Non tutto è stato perfetto. Quando il Milan ha dovuto impostare l’azione, è emersa la difficoltà principale della serata: la superiorità numerica dell’Udinese a centrocampo. Con solo due uomini in mezzo (Fofana e Reijnders), i rossoneri soffrivano il 3+1 centrale degli avversari, che riuscivano a chiudere le linee di passaggio e ad aggredire l’uomo in possesso con facilità.
Conceicao ha provato a rispondere in due modi: abbassando Pulisic e Jovic per creare un rettangolo centrale di costruzione e aprendo il campo con Leao e Theo per allargare la difesa avversaria. Due soluzioni intelligenti, che hanno portato a frangenti di possesso più ordinato e, soprattutto, a occasioni pericolose.
I gol: tra qualità individuale e costruzione collettiva

Il primo gol è un mix di intensità e talento. Fofana pressa alto su Lucca, ruba palla e avvia l’azione che si conclude con una meraviglia all’incrocio di Rafael Leao, servito da un intelligente movimento senza palla di Jovic.
Il raddoppio nasce da un’azione d’angolo studiata con cura: Fofana blocca il portiere, Gabbia attira la difesa sul primo palo e Pavlovic insacca indisturbato sul secondo. Il terzo è una sinfonia firmata Theo Hernandez: uno scambio nello stretto con Leao e Tammy, una cavalcata delle sue, e un sinistro imprendibile.
Il poker finale è frutto di un contropiede perfetto, con Reijnders che si inserisce per completare un 4 contro 2 chirurgico.
Tardi ma promettente
Questa prestazione, netta e convincente, arriva però in un momento amaro per il Milan: fuori dalla corsa Champions, con il destino di Conceicao sempre più in bilico. Eppure, proprio la risposta tattica offerta a Udine — in uno stadio storicamente ostico per i rossoneri — rappresenta forse il miglior indizio per capire che qualcosa, nel gruppo, si sta ricostruendo.
La difesa a tre potrebbe diventare la base da cui ripartire, Leao sembra tornato sui suoi livelli migliori, e la squadra ha dimostrato di poter essere compatta, feroce e brillante. Il futuro è incerto, ma con partite così, il presente vale comunque il prezzo del biglietto.
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