La settimana della partita contro il Napoli rappresenta uno spartiacque emblematico per il Milan. Da un lato, un club strutturato, con un allenatore forte come Antonio Conte e una proprietà presente. Dall’altro, il Milan di RedBird, un fondo che ha scelto di non puntare su Conte e che ora naviga tra debiti e rivoluzioni.
Il peso della gestione RedBird

Nel dicembre 2024, RedBird Capital ha investito 170 milioni di euro per rifinanziare il prestito con Elliott, riducendo la quota di capitale a 489 milioni di euro e fissando una nuova scadenza del debito a luglio 2028. Il tasso d’interesse del 7% rappresenta un onere significativo, portando il totale dei debiti a 610 milioni di euro. A questo si aggiunge l’inevitabile ristrutturazione dirigenziale, con l’arrivo di un nuovo direttore sportivo atteso ad aprile e la scelta di un nuovo allenatore nelle prossime settimane.
Sul piano finanziario, il Milan ha recentemente chiuso con un utile di 4,1 milioni di euro nel 2023-24, dopo i 6,1 milioni del 2022-23, i primi risultati positivi dal 2006. Tuttavia, le prospettive non sono rosee: l’assenza dalla Champions League per il 2025-26 e la mancata qualificazione al Mondiale per club pesano come macigni sul bilancio, minacciando un passivo che RedBird sperava di evitare.
Il confronto con la gestione Elliott al Milan
La comparazione con la precedente gestione Elliott è inevitabile. Il fondo statunitense ha affrontato una complessa ripresa economica, riducendo progressivamente il disavanzo da -155,9 milioni nel 2018-19 a -66,5 milioni nel 2021-22. I numeri dell’era RedBird raccontano una storia differente: 600 milioni iniziali, 170 per il rifinanziamento e ulteriori 55 milioni per il progetto stadio. In termini di mercato, Elliott ha osato di più, spendendo cifre considerevoli per giocatori come Paquetá (38,4 milioni) e Piatek (35 milioni), mentre RedBird ha adottato un approccio più prudente, con il solo Santiago Gimenez arrivato a gennaio 2025 per oltre 30 milioni di euro.
Il 2023 ha visto il club investire su profili come Reijnders (20,5 milioni), Pulisic (20,8 milioni) e Loftus-Cheek (19 milioni), ma la vera rivoluzione è arrivata nella scorsa estate con Morata, Pavlovic, Fofana ed Emerson Royal per circa 65 milioni complessivi. Una politica oculata che, però, non ha portato i risultati sperati sul campo.
I rischi dell’anno zero
Il 2025 si presenta come l’anno zero del nuovo corso milanista. RedBird è chiamata a una svolta radicale: la scelta dell’allenatore e la rifondazione della rosa saranno decisive. L’attuale ciclo si è dimostrato fallimentare e il club ha urgente bisogno di un’identità rinnovata. La volontà di completare l’acquisizione dell’area di San Siro entro luglio 2025 è parte del progetto a lungo termine, ma senza risultati sportivi concreti, tutto rischia di rimanere solo sulla carta.
La sfida è duplice: da un lato, ridare competitività alla squadra sul campo; dall’altro, mantenere una sostenibilità finanziaria che permetta di continuare a crescere. Il Napoli, con il suo modello gestionale solido e il comando di Antonio Conte, rappresenta ciò che il Milan non è più: una squadra con una guida forte e una visione chiara.
Per il Milan, il 2025 è una linea di demarcazione tra il passato recente e il futuro incerto. Oggi il club rossonero deve ritrovare quella stabilità che da troppo tempo sembra smarrita. Solo il tempo dirà se la rivoluzione promessa sarà in grado di portare i frutti sperati o se il glorioso passato resterà ancora una volta solo un lontano ricordo.