Geoffrey Moncada ha rilasciato questa mattina una rara intervista in cui ha parlato degli attuali rinnovi che il Milan sta cercando di completare e non solo.
Geoffrey Moncada è una delle figure più discusse al Milan, direttore tecnico con mandato anche sul mercato, il dirigente francese è uno dei fedelissimi di Red Bird, con cui condivide idee e obiettivi. Nonostante il club oggi si trovi in una posizione di classifica poco entusiasmante, Moncada è stato colui che in questi anni ha portato a Milanello i calciatori più interessanti, fra gli ultimi Fofana e Reijnders.
Non tutti gli acquisti sono stati azzeccati e in tanti reputano la rosa del Milan incompleta vista l’assenza di riserve in posizioni chiave come ad esempio il centrocampo. Di questo e di tante altre questioni Geoffrey Monaca ha parlato ai microfoni di Milan News.
L’intervista a Moncada
Moncada è arrivato al Milan nel 2019 affiancando Maldini e Boban nelle operazioni di mercato. Inizialmente utilizzato come capo-scouting, Moncada ha salito velocemente le gerarchie diventando oggi direttore tecnico del club. Una delle particolarità del suo lavoro riguarda l’utilizzo di un particolare algoritmo che screma i vari profili seguiti in sede di calciomercato.
Moncada ama la riservatezza e anche in questa lunga intervista non esprime giudizi assoluti soprattutto per quanto riguarda il futuro. Il contratto di Moncada con il Milan scadrà a giugno ma tutto lascia pensare che il suo futuro possa ancora essere in rossonero.
Come si svolge la tua giornata a Milanello?
“Ho subito un incontro con la mia squadra, sia per il programma della giornata che per quello della settimana. Parliamo con Zlatan, con Kirovski di tutte le cose che dobbiamo fare. Anche con il team manager.
“Parliamo delle partite che abbiamo visto e molto altro. Abbiamo un gruppo giovane di cui prendersi cura. È importante parlare con loro non solo di calcio, ma anche di cose che succedono loro o di cui hanno bisogno fuori dal campo. Per aiutarli. Milanello è la casa della nostra parte sportiva, dove c’è anche il Milan Futuro.”
Anche per capire un po’ lo stato d’animo e instaurare un rapporto umano…?
“Sì, è un gruppo giovane che ha bisogno di vicinanza, di parlare. Anche di altre cose, non solo di calcio. Cerchiamo di farlo con l’allenatore e con Zlatan, anche con tutti i dirigenti. È importante. Lavoriamo insieme ogni giorno, abbiamo una buona squadra, siamo giovani, abbiamo fame, vogliamo fare di più e c’è ancora molto da fare.”
Guardando la carta d’identità, il Milan ha una dirigenza molto giovane: lei ha 37 anni, Zlatan 43, Furlani 45. Si sente una ventata di aria fresca in un sistema in cui molti dirigenti hanno ben più di 50-55 anni?
“C’è un bel mix. C’è uno come me che viene dal mondo dello scouting e delle relazioni con i giocatori, c’è un uomo della finanza come Giorgio che è un esperto sul lato economico e poi c’è Zlatan che ha il punto di vista dell’ex grande calciatore.
“Penso che solo se lavoriamo tutti insieme possiamo fare le cose bene, un singolo individuo non può farcela. Tutti i top club in Europa lavorano così.”
Il rapporto con Ibrahimovic
Moncada parla del lavoro sinergico instaurato con Ibrahimovic e il resto della dirigenza: “Ci parliamo tutti i giorni. Ci vediamo a Casa Milan, a Milanello, andiamo a mangiare insieme. Abbiamo un bel rapporto, molto diretto. Lui vuole sapere le cose senza perdere tempo, questo mi piace. Stiamo insieme tutti i giorni.”
Parlate anche dei giocatori da prendere?
“Sì, piace anche a lui. Ora gli ho aperto un profilo su una piattaforma professionale per l’analisi di dati e video, così può vedere anche i giocatori.”
Ma per ottenere Morata, che ha portato così tanto in termini di leadership, hai avuto bisogno dell’algoritmo?
“Questo è l’esempio perfetto di ‘no algorithm’. Abbiamo preso il capitano della nazionale spagnola, che ha vinto tutto e che ha anche giocato in Italia. Ero totalmente convinto di Alvaro, ero sicuro che fosse il ragazzo perfetto per noi. Ha una mentalità importante nello spogliatoio, da leader.”
Hai fatto tu la prima chiamata al giocatore?
“No. Prima ho sentito dall’agente che c’è anche questo lavoro da fare [ride]. Zlatan poi ha parlato con il giocatore perché lo conosceva, e poi abbiamo parlato insieme. Mi piace questo esempio perché non deriva dai dati. Ha segnato 22 gol l’anno scorso all’Atletico Madrid. Per noi è ancora un giocatore molto molto interessante. Sono contento, si trova molto bene qui.”
Le trattative per i rinnovi: le parole di Moncada
La questione rinnovi è sempre spinosa per qualsiasi dirigente, anche Moncada preferisce non entrate troppo nei dettagli: “Abbiamo iniziato le discussioni due mesi fa. Posso dire che siamo ben piazzati. Non so chi sarà il primo ma abbiamo iniziato molto bene. Sono tutti molto contenti, non ho visto nessuno che volesse andarsene. Potete chiedere a loro, sono tutti contenti qui al Milan.”
Come ha confermato Reijnders nei giorni scorsi…
“Ripeto: siamo e siamo contenti al Milan. Stiamo lavorando. Dobbiamo cercare di chiudere le trattative che abbiamo sul tavolo.”
E i rinnovi sono anche il risultato di quanto bene fai sentire il ragazzo…
“Esatto, non c’è solo la parte del ritiro. Dobbiamo metterli nelle migliori condizioni possibili per fare bene, ma anche costruire un rapporto diretto con noi. Con me e Zlatan non hanno problemi.
“È vero, siamo giovani in termini di età, ma con noi possono parlare direttamente e rapidamente. Possiamo discutere e siamo qui per aiutare la squadra.”
Oggi sei direttore tecnico, ma sei nato osservatore. Quanto di quel ruolo è rimasto in te e nel tuo lavoro al Milan?
“Quando ero capo scout, quasi ogni fine settimana ero fuori a vedere le partite. In Italia o all’estero. Ora non posso stare via tutto quel tempo perché ho altre responsabilità e, ad esempio, se giochiamo il sabato, viaggio la domenica per vedere una partita.
“Voglio vedere i giocatori nel dettaglio, per questo cerco di muovermi in silenzio. Per non mettere pressione al ragazzo voglio vederlo dal vivo, così posso valutare tante cose.”
Quando il Milan ha bisogno di un giocatore, quali sono i passaggi?
“Innanzitutto, partiamo dall’analisi del nostro team e delle aree da sviluppare e migliorare. Non usiamo semplicemente l’algoritmo come è stato narrato per così tanto tempo. Non è vero. Abbiamo un database che ti aiuta a vedere giocatori di altri paesi.
“Puoi essere il più grande scout del mondo, ma non puoi vedere tutti i campionati. I dati ti aiutano a identificare i profili e ti danno un input su determinati giocatori, giovani o vecchi, e possono dirti che ci sono profili che si adattano alla tua ricerca in altri campionati.”
Quando parli del mercato del Milan parli di dati, parli di algoritmi, parli di moneyball. Ti affidi totalmente a questi strumenti o lavori molto anche sul campo?
“I dati ti dicono se c’è un giocatore interessante da guardare. E lo guardiamo prima in video, con tutti gli osservatori e poi magari andiamo a vederlo dal vivo. Ma prima di andare a vederlo in campo, dobbiamo conoscere il giocatore.”
Quante persone nel tuo team lavorano a questo?
“Ho a disposizione dieci scout, cinque in Italia e cinque all’estero.”
Ti offrono un “pacchetto” di player già pronto oppure sono specializzati nel segnalarti un profilo che poi vai a vedere?
“È un mix di tante cose. Abbiamo una metodologia di lavoro sulla parte video, hanno un’area specifica da guardare. Prima guardano il giocatore in video per tutta la settimana, poi nel weekend vanno a vederlo dal vivo per confermare o meno le impressioni.”
A quel punto vai anche a vederlo dal vivo?
“Sì, ci provo.”
Prima di acquistare un calciatore bisogna vederlo dal vivo, giusto?
“Sì. Impossibile chiudere un calciatore senza prima vederlo dal vivo. Però ho molta fiducia nei miei osservatori, dobbiamo averla per lavorare insieme. Magari un giocatore mi piace tanto, ma magari nove osservatori mi dicono di no, che non è bravo.
“È importante che siamo tutti d’accordo insieme. Vederli dal vivo è importante, vedi tante cose… In video scopri tante cose, ma aspetti fondamentali come la velocità, l’impatto nei duelli… Quelli non li giudichi in video.”
Prendi in considerazione anche il modo in cui si allenano?
“Sì. Ad esempio, anni fa sono andato a Strasburgo per vedere Youssouf Fofana dal vivo, perché l’allenamento era aperto. Oggi, invece, è molto difficile andare in un centro sportivo. È bello vedere l’allenamento, ma dipende anche dal tipo di allenamento che vai a vedere. Se ci vai dopo una partita [con la squadra che fa solo scarico] non ti aiuta.”
Moncada sull’acquisto di Fofana
L’acquisto di Fofana è forse uno dei migliori fatti nell’ultima campagna acquisti da Moncada: “Avevo visto un ragazzo che aveva molta sicurezza, che lavorava duro in allenamento. Poi era interessante anche il rapporto con i tifosi, è un ragazzo sempre sorridente e aperto. Mi piaceva, era il suo primo anno a Strasburgo in Ligue 1: era titolare da subito, non passava dal settore giovanile. Era interessante vedere come si allenava.”
Quando è apparso per la prima volta il nome di Fofana nei vostri database?
“Sono arrivato a gennaio 2019 al Milan, Fofana lo avevo già visto quando ero al Monaco, giocava in seconda squadra allo Strasburgo. Ho portato il mio database al Milan e lo abbiamo seguito. Ha iniziato a giocare tante partite in Ligue 1: lì inizia a essere difficile perché sono arrivati anche club tedeschi e inglesi. Comunque lo abbiamo seguito fino al Monaco.”
Quindi il tuo database è davvero enorme, ne sei geloso?
“[Ride] No. Ci sono resoconti e informazioni di molti anni, ti aiutano a vedere la crescita di un giocatore. Dobbiamo sempre essere umili quando vediamo un giocatore: magari ora non ci piace, ma dopo due o tre anni finalmente ci colpisce. Mi piace molto cambiare idea, è importante.”
Leao era già presente nel database da quanto era nelle giovanili dello Sporting?
“Sì, ricordo di averlo visto contro il Belenenses con il Lisbona. Credo avesse 17 anni. Giocava come numero 10, come seconda punta. Era molto libero, ho visto un profilo molto interessante: alto, longilineo e tecnicamente super.
“Segnava gol con incredibile sicurezza. Era da tenere d’occhio. Poi ovviamente molti altri osservatori lo hanno visto, non sono certo il primo a vederlo. Ma sai, vai a vedere una partita U17 in Portogallo e vedi un ragazzo così… Lo segui subito.”
E poi nel 2019 è arrivato al Milan? Puoi spiegare come è successo?
“Abbiamo fatto una rosa di candidati, c’era bisogno di un nuovo esterno sinistro. C’erano buoni nomi [ride]. C’era Leao, c’era Malen, c’era Marcus Thuram che era al Guingamp… C’era questo tipo di profilo, fisico.
“Oggi Leao, Malen e Thuram stanno giocando ad alto livello e stanno andando bene. Ma quattro o cinque anni fa non era così ovvio. Leao giocava al Lille ed era titolare solo da sei mesi e lo abbiamo portato al Milan.
“Non è facile… In generale si è sempre sempre molto duri nei giudizi sui giocatori, ma per me bisogna sempre dare loro un po’ di tempo”.
Moncada su Reijnders
Moncada riflette sulla trattativa che ha portato Reijnders a diventare un giocatore del Milan: “Ci sono aspetti, a volte, che ti instillano dubbi. Reijnders ha impiegato molto tempo per arrivare ad alti livelli. Non ha giocato subito all’AZ: era in seconda squadra ed è andato in prestito. Allora ti chiedi perché all’AZ, che normalmente mette subito in campo giocatori bravi, non ha giocato? Questa era la nostra domanda.
“Ma ovviamente era nel nostro database: abbiamo creato dei video, abbiamo analizzato i dati, e c’erano molti report in cui lo vedevamo sempre bene. Non ha fatto male e non ha fatto cose al top. Ha sempre fatto bene. Ma l’ultima all’AZ ha giocato in Conference League: l’ho visto contro la Lazio, sono andato a vederlo anche contro il West Ham… E lì mi sono detto che questo giocatore sa fare tutto, corre tanto, tecnicamente è bravo.
“Lui è sempre positivo, va sempre avanti. Mi piaceva il suo profilo, pensavo che potevamo portarlo a Milano e poi vedere come si sarebbe sviluppato. A giugno abbiamo avuto un incontro con Stefano Pioli, a casa sua a Parma.
“Mi ha detto subito che aveva bisogno di un centrocampista di qualità, un numero 8 come regista, un profilo versatile. Allora gli ho fatto vedere Reijnders, e Stefano mi ha detto subito che gli piaceva. Da lì siamo andati avanti velocemente nelle trattative.”
E quest’anno sta anche trovando il gol…
“Penso che possa arrivare facilmente a 10 gol. Ma può anche fare assist, che sono altrettanto importanti. Tutti parlano di gol, è vero, ma trovare l’ultimo passaggio è anche importante.”
E quindi torniamo ai dati… Quanto ti aiutano ad analizzare le prestazioni dei singoli e della squadra?
“Con l’allenatore, osserviamo le fasi della squadra e utilizziamo i dati: come pressiamo, che tipo di pressing facciamo, Expected Goals [che misura la probabilità che un tiro diventi un goal], Expected Assist [che misura la probabilità che un passaggio diventi un assist], tutte le occasioni che creiamo per ottenere un goal, perché non abbiamo segnato… C’è un mix di video e dati. Facciamo questo tipo di lavoro ogni settimana per capire cosa va bene e cosa non va bene.”
Questo tipo di lavoro ti aiuta anche a capire chi merita di restare al Milan e chi no?
“Ti faccio un esempio. In un periodo di due mesi, potresti pensare che un tizio abbia fatto male, ma vuoi comunque controllare i dati. Quindi vedi che forse non ha fatto bene, ma nonostante ciò ha creato un sacco di cose.
“Questo ti aiuta perché ti rendi conto che almeno lui sta facendo qualcosa. Ci sono giocatori che anche dai dati non fanno niente, zero. Non provano palleggi, tiri, duelli. Quindi i dati ti aiutano, sì. Ma la cosa che è impossibile vedere con i dati è il margine di crescita di un giocatore.
“Come si svilupperà dopo due o tre anni, è difficile da prevedere. È un’incognita, ecco perché l’allenatore, lo staff, gli osservatori che guardano i giocatori dal vivo sono importanti. Guardandolo dal vivo, forse capisci che può migliorare, può mettere su un po’ più di muscoli, può lavorare sul suo piede debole. Ci sono così tante cose in cui i dati non possono aiutarti.
Moncada parla della scelta di prendere Fonseca
Moncada parla apertamente dei motivi che l’hanno spinto, insieme al resto della dirigenza, sul profilo di Paulo Fonseca: “Paulo ha uno stile di gioco, lo abbiamo visto al Lille, che credo debba avere il Milan. Noi giochiamo al Milan e a San Siro, dobbiamo controllare il gioco e la palla. Dobbiamo essere solidi su questi punti. Paulo ha una grande capacità di lavoro, fa allenamenti interessanti. Lavora individualmente e con il collettivo. Per esempio, riesce a lavorare con tutti i centrocampisti: dopo l’allenamento, prende quattro o cinque centrocampisti e fa un lavoro specifico con loro.
“Siamo a novembre, a fine stagione sono sicuro che vedremo tanti giocatori che con lui avranno fatto un grande passo avanti”.
Questo passaggio serve a consolidare il Milan al vertice, non è vero?
“Le prime cinque europee sono City, Liverpool, Bayern ecc. Vogliamo provare almeno ad avvicinarci, ma non è facile. Anche il Liverpool ha impiegato otto anni per arrivare a questo livello, prima non era così. Hanno fatto un lavoro importante. Ma avevano una strategia con un allenatore che ha una precisa metodologia di gioco.
“Vogliamo attuare questo tipo di metodologia di gioco con un allenatore che abbia le idee chiare e che sviluppi i giocatori”.
Quindi le scelte di Fonseca, ad esempio la gestione di Leao, sono sempre supportate dalla dirigenza?
“Sì, lavoriamo insieme ogni giorno. E ora penso che Leao sia totalmente diverso. Basta guardare le sue prestazioni a Madrid, a Cagliari e in nazionale. Sono situazioni che possono capitare, non sei sempre perfetto altrimenti sarebbe troppo facile.
“Bisogna accettare che i giocatori possano avere momenti di difficoltà e supportarli come abbiamo fatto io e Zlatan con Rafa, dandogli supporto e un confronto costruttivo. Siamo una famiglia.”
Theo, d’altro canto, riuscirà a diventare ancora più un leader e un trascinatore?
“Lo sarà. Non sa nemmeno il potenziale che può avere. Un terzino sinistro così. Penso che avrà una grande carriera davanti a sé, è ancora giovane.”
Avevi anche Theo nel database?
“L’ho avuto da quando giocava per l’Atletico Madrid in Youth League, l’ho visto quando ero al Monaco. Ma poi il Real Madrid lo ha preso. Dopo di che lo abbiamo seguito all’Alaves e alla Real Sociedad: aveva numeri incredibili. Ha ancora un margine importante. Segna già molti gol e assist, è molto difficile trovare un terzino sinistro così.”
State già iniziando a vedere di cosa avrà bisogno il Milan nel prossimo mercato?
“Sì. Abbiamo già iniziato a parlare con vari profili. Con Ibra, con Giorgio Furlani, con l’allenatore, con Gerry Cardinale… Abbiamo già parlato. Più o meno sappiamo già i profili che vogliamo, ma credo che saranno di più per giugno. Cominciamo con i profili che mancano, poi faremo una rosa”.
Non riesci a dire cosa manca?
“No, non ancora [ride]. Tra un po’ sì, ma se parlo ora a novembre diventa difficile per noi. Forse nei prossimi weekend, andrò via a vedere questi giocatori, andrò con gli osservatori”.
Quindi ora devi vedere dove ti accrediti?
“Forse cambio nome [ride], è più facile.”
Fofana ha detto che per lo scudetto c’è anche il Milan, ma bisogna darsi un po’ di tempo.
“Sì, sono sicuro che questa squadra ha la forza per farlo.”
Ma già quest’anno?
“Sì. Abbiamo sofferto nelle prime partite ma come abbiamo visto nei big match contro Inter e Real Madrid siamo presenti, abbiamo visto un Milan davvero forte. Dobbiamo puntare a vederlo sempre mettendo un po’ più di concentrazione anche nelle altre partite. È una cosa mentale. Facciamo di tutto per entrare in questa strada”.
Su Pulisic
Geoffrey Moncada si è soffermato anche sulla scelta di puntare a Christian Pulisic in un momento non facile della sua carriera: “A Dortmund era un giocatore pazzesco, davvero forte. Il Chelsea lo ha preso per questo, è uno che può giocare a destra, a sinistra, come numero dieci, dietro la punta. In Germania aveva numeri impressionanti, al Chelsea no.
“Pensavamo che non fosse possibile che un giocatore del genere non potesse esibirsi ad alto livello in Premier League. Quando abbiamo perso Brahim Diaz questo nome è saltato fuori immediatamente, era una possibilità in quel mercato.
“Il tempismo conta molto. Forse due anni prima sarebbe stato impossibile. Ma quando c’è spazio per creare un giocatore del genere, devi prenderlo subito.”
In che ruolo lo vedi? Esterno o centrale?
“L’anno scorso come esterno destro ha avuto la stagione migliore della sua vita. Oggi, invece, forse abbiamo bisogno di lui come trequartista.”
Qual è l’acquisto che ti ha dato più soddisfazione qui al Milan?
“Tijji Reijnders. Era un ragazzo che è uscito dopo. Lo abbiamo seguito per molti anni nella seconda squadra dell’AZ. Ero andato a vedere il Mondiale U20 in Argentina, avevo già incontrato il suo procuratore in Italia. Avevamo parlato di Reijnders e la trattativa è iniziata in Argentina, non è iniziata in Olanda.”
“In Argentina sempre [ride]. Come con Enzo Fernandez [che poi è andato al Benfica], sono sempre stato in Argentina. La trattativa per Reijnders invece è iniziata in Argentina, a maggio. Non è stato facile negoziare con un club olandese, ma abbiamo fatto bene.”
Ci hai parlato di scouting e osservazione, ma in qualità di Direttore Tecnico quali sono le tue responsabilità?
“Da quando ho questo ruolo ho un rapporto più profondo con lo staff e l’allenatore, facciamo molte analisi video. Mi piace parlare con loro di tattica, di come giochiamo e di cosa possiamo fare. Poi c’è la parte ‘spogliatoio’ con i giocatori, chiedendo loro come vanno le cose in famiglia. C’è un mix: sono a Milanello la mattina, a Casa Milan, in ufficio, nel pomeriggio.
“Sono ancora giovane, devo ancora fare e imparare tante cose. Non posso fare solo una cosa o solo l’altra. È importante essere presenti qui a Milanello, così come è importante essere presenti in Europa: vedere cosa fanno gli altri club, conoscere i nuovi dirigenti, ecc. Devo cercare di sapere tutto in anticipo per fare al meglio il mio lavoro.”
Nel 2019 hai iniziato con una metodologia poco conosciuta in Italia, uscendo dai canoni classici. Oggi molte proprietà che prendono club italiani puntano ad implementare lo stesso metodo. Hai un vantaggio rispetto a chi dovrà adattarsi?
“La cosa che mi piace è che qui ora lavoriamo con l’area scout e l’area dati insieme. Prima, i due dipartimenti lavoravano da soli. Ora lavoriamo tutti insieme e questo mi piace molto. Chi lavora con i dati ha capito che abbiamo bisogno dell’aspetto umano, abbiamo capito che abbiamo bisogno dei dati per vedere altre cose.”
Quanto siete stati orgogliosi, come squadra, di essere riusciti a trattenere Leao in un momento in cui sembrava che potesse andare via?
“Innanzitutto, dobbiamo ringraziare la società. Hanno fatto un gran lavoro, non è stato facile. Quando Rafa vuole fare le cose, e lo hai visto a Madrid, nessuno può fermarlo. Ed è per questo che è sempre bene mantenere un profilo così: è il numero 10 del Milan, sono troppo felice di averlo con noi. E non è finita qui.”
Nel processo che porta alla scelta di un giocatore, c’è un numero minimo di partite, in casa e in trasferta, che si visionano dal vivo?
“Almeno due partite in casa e due in trasferta. Un’altra cosa molto importante è avere degli incontri con l’entourage del giocatore. Magari ci sono dieci persone vicine al giocatore e devi saperlo subito. Capire che tipo di persone sono, come lavorano.
“Non parlo di agenti, ma di familiari e amici. Ecco perché possiamo anche viaggiare per incontrare i giocatori dal vivo, non solo per vederli in partita. Questo è un altro aspetto importante.”
Come si sceglie un giocatore per San Siro?
“Mi piace vedere le partite contro le squadre della Premier League, lì c’è una pressione mostruosa. Anche le partite di club turchi o greci: un club olandese, per esempio, che va a giocare lì è molto importante per vedere come il giocatore reagisce a un certo tipo di ambiente. A San Siro non è facile, sì. Ma se abbiamo paura di uno stadio non va bene, quindi il nostro compito è anche quello di aiutarli in quell’aspetto.”