Il Milan vince con merito il primo derby dopo anni di sofferenza. Gran parte del merito di questo successo va dato a Fonseca e al coraggio dimostrato nel non cambiare le proprie idee.
Paulo Fonseca non sarà il miglior tecnico possibile, ma ieri sera ha dimostrato di essere l’uomo più coraggioso ad essersi seduto sulla panchina rossonera nell’ultimo decennio. L’allenatore portoghese è stato al centro di un tornado di critiche dopo l’inizio in salita condito da un solo successo in 5 gare e arrivando al derby già con il profumo di “ultima spiaggia”.
E così mentre la dirigenza iniziava ad esplorare le alternative come Sarri, Terzic e compagnia, Fonseca doveva preparare la partita più importante della sua carriera con il sentore che la sua avventura al Milan fosse già finita. Al suo posto, ne siamo certi, in tanti avrebbero cercato il compromesso tattico andando a snaturare il proprio credo e provando almeno per una volta a gestire la gara invece che tentare inutilmente di farla.
Al posto di Fonseca tutti gli allenatori che si sono susseguiti negli ultimi dieci anni di Milan avrebbero affrontato l’Inter, già mediaticamente lanciata verso lo Scudetto, puntando sul difensivismo. Un modo come un altro per ridurre i danni e provare, di fortuna o in contropiede, magari a strappare un punto.
Il coraggio delle idee
E invece Fonseca non si è spostato di un centimetro disegnando persino un Milan ancora più offensivo rispetto al recente passato. Niente 4-2-3-1 ma un 4-2-4, mai provato e sicuramente azzardato, che avrebbe potuto portare sulla carta al dramma sportivo.
“Se devo andare via, voglio farlo a modo mio” si sarà ripetuto Fonseca in settimana leggendo le prime pagine dei giornali italiani che lo davano già per finito. Ed ecco dunque il Milan più offensivo che si sia mai visto con ben due terzini di spinta Theo ed Emerson Royal all’interno di una formazione compatta e stretta verso il centro. In mediana a Fofana e Reijnders l’arduo compito di dare equilibrio e sostanza al gioco.
Ma è dalla cintola in su che Fonseca ha dimostrato di essere un tecnico non solo coraggioso ma anche ricco di idee. Pulisic, Morata, Abraham e Leao contemporaneamente in campo avrebbero potuto portare il Milan alla confusione sfilacciando i reparti che invece non sono mai apparsi così ben legati.
Gran parte del merito va dato a Morata, eccezionale nel ripiegare e nel fornire forza lavoro in più al centrocampo. Davanti Abraham ha funto da perno mobile capace sia di tenere palla che di attaccare la profondità. Sugli esterni invece Pulisic e Leao sono stati i “deterrenti perfetti” nel costringere l’Inter a non sbilanciarsi troppo.
Milan dominante
E così per la prima volta in stagione il Milan è apparso realmente dominante. L’Inter ha sicuramente avuto le proprie occasioni anche a causa delle solite imprecisioni difensive dei rossoneri, ma è stato il Diavolo a fare la partita per quasi tutti i 90 minuti.
Morata e Abraham si sono trovati subito alla perfezione coadiuvati da un Reijnders in stato di grazia e superbo anche palla al piede. Fofana ha fatto quello per cui è stato pagato andando a contrastare su ogni pallone che passava sulla propria trequarti. La difesa invece, orfana di Pavlovic, ha retto bene nonostante la presenza di due terzini che tutto hanno meno che qualità difensive.
Il risultato è un Milan forte, robusto e offensivo che ha vinto con merito il primo derby dopo 6 sconfitte consecutive. Un successo che anche a livello di classifica appaia i rossoneri ai cugini e ne rilancia le quotazioni anche in chiave “lotta Scudetto”.
Dopo 6 gare forse per la prima volta Fonseca ha visto il suo Milan. Non una macchina perfetta ma sicuramente l’attuazione di un’idea di calcio coraggiosa e innovativa. Per arrivarci è servito soffrire, ma ora il futuro è decisamente più roseo.