Perché il fatto che il Milan stia trattando Fonseca è una pessima notizia

By Mario Labate -

Secondo Sky Sport ora il nome in pole per sostituire Pioli sulla panchina del Milan è quello di Paulo Fonseca. Cerchiamo di spiegarvi perché questa è una pessima notizia. 

Con la stagione che volge al termine senza obiettivi sportivi da raggiungere, media e lettori si stanno concentrando sul nome del nuovo allenatore del Milan. Una caccia spasmodica che i rossoneri stanno contribuendo ad alimentare attraverso un casting di ampio respiro.

Tanti, forse troppi, i tecnici seguiti dalla dirigenza rossonera che – stando agli aggiornamenti dei media tradizionali – ogni giorno modificano il proprio borsino di preferenze, piazzando un nome davanti ad un altro.

Secondo Peppe Di Stefano, inviato di Sky Sport, oggi è il turno di Paulo Fonseca. L’attuale allenatore del Lille sarebbe ora l’uomo del momento al Milan, tanto che Moncada e Ibra avrebbero fissato con lui un incontro per “le prossime settimane”.

Una notizia per cui non abbiamo ricevuto conferme ma che, se vera, non ci esalta nemmeno un po’. Il motivo? Fonseca è oggettivamente un allenatore di seconda, terza fascia, cosa che non rappresenterebbe neanche un problema qualora il Milan fosse realmente affascinato dal suo progetto.

Ciò che ci fa piombare nello sconforto è il fatto che Fonseca rappresenti semplicemente la scelta più facile e a basso costo, un fattore che dovrebbe essere secondario se si pone il risultato sportivo come priorità societaria.

Tra Fonseca e Pioli chi è meglio?

Non è un segreto che la proprietà di Milan e Lille siano, per così dire, “vicine”. Elliott infatti è stato proprietario indiretto di entrambi i club nel recente passato e, seppure oggi non figuri in nessuna delle due nomenclature dirigenziali, ha tenuto un collegamento più che attivo tra le due società.

Proprio la vicinanza al club francese rende la candidatura di Fonseca, tecnico del Lille, la soluzione più ovvia. Perché lavorare sull’arrivo di un tecnico forte, vincente e pagato quando si può prendere un buon allenatore a basso costo e senza complicazioni?

La risposta dovrebbe essere: “Perché si sta parlando di Milan”, ma questo sembra essere un fattore di cui la società tiene poco conto. In realtà le risposte a questa domanda sono tante, ma ci limitiamo a darne una: “Perché non si cambia per cambiare”.

Fonseca, allenatore dal Palmarès sostanzialmente vuoto, è un tecnico arrivato quarto in Ligue 1 con il Lille. Un buon tecnico, per carità, che conosce la Serie A dove ha raggiunto due settimi (SETTIMI) posti con la Roma, ma niente di più.

Dall’altra parte, escludendo gli altri nomi presenti nel lotto degli allenatori seguiti dal Milan, c’è Pioli. L’allenatore parmigiano in questi anni ha nell’ordine: riportato il Milan in Champions dopo quasi 10 anni di assenza, vinto il primo scudetto dopo 11 anni, raggiunto una semifinale europea dopo oltre 15 stagioni e ora lascia tra i rimbrotti dei tifosi per aver conseguito un secondo posto.

La verità è che tra Pioli e Fonseca c’è un abisso. Il portoghese è un tecnico dalle idee affascinanti ma non ancora espresse al meglio, l’italiano è invece un grande allenatore vincente che, dicono, sia giunto alla fine di un ciclo.

“Cambiare per migliorare”

Cardinale stesso qualche mese fa, intervistato dal Times, ha aperto all’idea di cambiare il Milan nella prossima stagione. “Direi che tutto ciò che riguarda il Milan deve cambiare. Ma forse evolvere è una parola migliore” ha detto il Patron di Red Bird in quell’occasione, concordiamo.

Ma allora se cambiare significa “evolvere” perché scegliere consciamente di fare un passo indietro chiamando un allenatore mediocre al posto di uno forte?

Ci viene da pensare che forse il concetto di “evoluzione” decantato da Cardinale debba essere analizzato dal suo punto di vista e non dal nostro o da quello di ogni tifoso. Da azienda e non da sportivo.

Scegliere Fonseca significa pagare meno, trattare meno e studiare meno. Un risparmio di tempo e risorse molto positivo per un’azienda dal fatturato milionario come il Milan, ma altamente rischiosa  per non dire nociva se fatta da una squadra di calcio.

Con questo ci teniamo a dire che il problema del Milan non è e non sarà Fonseca, bensì i motivi che hanno portato a sceglierlo. Se il portoghese il prossimo anno dovesse vincere il triplete saremo falici, tutti quanti, ma ciò non cambia il fatto che prenderlo sia stata una scelta aziendale e per nulla legata al mondo dello sport.

In conclusione decidiamo di lasciarvi con quanto detto da Cardinale ai propri ascoltatori in un evento organizzato da Bloomberg.

Le parole di Cardinale ai soci

Proprio in merito alla sua visione futura del Milan, Cardinale ha parlato dal palco del Qatar Economic Forum a Bloomberg: “La risposta è che in questi anni da proprietari del Milan abbiamo vissuto sono stati esattamente come ci aspettavamo. Ma la teoria è ben diversa quando vivi le cose in prima persona. Dico questo perché i nostri ‘partner’ del  Milan sono i tifosi e lo prendo molto sul serio. In America i proprietari di squadre e club non hanno questo tipo di ‘partnership’, ma nel calcio europeo è qualcosa che bisogna prendere sul serio”.

“Nel calcio italiano bisogna prendere la cosa molto sul serio, e io lo faccio. C’è un’opportunità qui, almeno nella nostra tesi di investimento, per professionalizzare il modo in cui queste cose vengono gestite. Questi non sono più ‘hobby per ricchi’. Ora vedi che il capitale istituzionale è attratto da queste situazioni perché si tratta di attività multimiliardarie di intrattenimento per eventi dal vivo. Devi avere un equilibrio. I tifosi ovviamente vogliono sempre vincere.

L’ironia nello sport è che se vinci ogni anno rendi la competizione meno interessante”.

“L’elemento umano e la sua imprevedibilità è ciò che rende queste cose così preziose. Ma in ogni caso è ovvio che si punta sempre a vincere il campionato, ad arrivare più lontano possibile nella competizione”.

“Per fare questo è necessario trovare un equilibrio tra l’obiettivo a breve termine di vincere ogni anno e l’obiettivo a lungo termine di sostenibilità e coerenza nel ridurre la volatilità e la variazione delle prestazioni. Queste cose non dovrebbero portare solo al reddito, sarebbe pigro, ma dovrebbero invece aumentare il flusso di cassa, il che è positivo. Reinvestire il flusso di cassa per migliorare la squadra e vincere”.

“È un circolo virtuoso, non diverso da quanto accade in qualsiasi altra azienda. È solo che qui l’emozione prende il sopravvento di tanto in tanto, ed è qui che la cosa migliore che possiamo fare per gestire questa risorsa per l’Italia e per i tifosi è assicurarci di prepararla per un successo a lungo termine. Allora è ovvio che vogliamo vincere ogni anno. Ecco la cosa interessante. Non siamo mai stati azionisti di maggioranza di un’entità sportiva così grande prima d’ora. Sicuramente li abbiamo aggirati, come con gli Yankees o i Cowboys, ma questo fa parte del processo di apprendimento”. 

Se alla fine di questo virgolettato avete l’istinto di grattarvi la testa, tranquilli, è normale.

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