Siamo realisti: a questo Milan converrebbe giocare l’Europa League?

By Mario Labate -

Il Milan è uscito con le ossa rotte dal match perso martedì scorso a San Siro contro il Borussia Dortmund. Una gara da dottor Jekyll e mister Hyde per la squadra di Pioli che ha inanellato l’ennesima sconfitta maturata nel secondo tempo. Una partita che può essere presa da esempio anche per questo articolo che sarà analitico, sì, ma con un pizzico di realismo.

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Il Milan contro il Dortmund ha approcciato la gara in maniera egregia costruendosi la concreta occasione per passare in vantaggio con il rigore procurato da Chukwueze. Un sintomo di maturità, di notti da Milano che fa parte del DNA della storica società di via Turati prima, di via Aldo Rossi oggi. Poi lo psico-dramma del rigore sbagliato da Giroud e di quello segnato, quattro minuti, da Reus ha iniziato a instillare i primi dubbi. Eppure la reazione del Milan è stata massiccia, caparbia e il gol del pareggio siglato da Chukwueze ha rappresentato quasi il ruggito del vecchio Leone, quasi a dire “Il Milan in Champions se la gioca con tutte”. 

Limite

Tutto vero, tutto giusto ma qui deve subentrare la realtà. Il Milan la partita contro il Dortmund l’ha persa male, non perché non all’altezza di giocare determinate partite in senso assoluto, ma perché questo Milan ha problemi strutturali noti, arcinoti, resi ancora più palesi dall’infortunio che ad inizio ripresa ha costretto Pioli a sostituire un centrale (Thiaw) con un centrocampista, perché in panchina altri difensori non ce ne stanno.

Un Milan che sulla fascia alta di sinistra ha un esterno destro adattato, perché sia ​​Okafor che Leao in campo e in panchina non ci sono, siedono in tribuna. Perché l’unico giocatore sopra i 5 gol (ne ha 8) nell’intera rosa ha 37 anni e se gli acciacchi dell’età dovessero farsi sentire il Milan sparirebbe, come è successo. Perché il regista titolare (Bennacer) è fuori da 6 mesi, perché il suo vice (Krunic) fa il centrale difensivo adattato e perché il vice del suo vice (Adli) ha fin qui giocato 559 minuti, in stagione? Vi chiederete, no, in due anni. Perché i terzini sono sempre gli stessi, perché le mezzali sono nuove eccetera, eccetera…

Non il Milan, ma questo Milan, ad oggi non è in grado di disputare tre competizioni, punto. E l’esempio più palese ce lo da il campionato e il fatto che i rossoneri (diciamocelo) più che guardare avanti a Juventus e Inter, si guardano indietro. Perché i cinque e sei punti che separano la squadra di Pioli da Roma, Atalanta e Fiorentina, rispettivamente quinte, settime e ottave, sembrano molti meno rispetto agli stessi 4 e 6 punti che dividono il Milan dal secondo e primo posto. Perché? Perché sabato con il Frosinone il Milan avrà un difensore centrale di ruolo in tutta la rosa; perché in attacco non ci sarà Giroud e perché Leao e Okafor probabilmente siederanno in panchina. Perché il sabato successivo c’è l’Atalanta e, a parte Giroud, il Milan probabilmente avrà gli stessi problemi. Ed ecco dunque il perché di questa percezione, il perché di questa malinconia, nella speranza che ancora una volta Pioli sappia uscire il coniglio dal cilindro.

I miracoli di Pioli

Sì, perché il Milan nelle due passate stagioni ha spesso dimostrato che “non si vive di solo realismo” e ha inanellato, sotto la guida di Pioli, traguardi sulla carta irraggiungibili come lo Scudetto e una semifinale di Champions, pur avendo quasi gli stessi problemi di oggi. Però i limiti non si possono superare sempre, perché la benzina finisce per tutti, anche per chi da “Out” diventa “On Fire”. Oggi Pioli torna “Out” perché, a differenza del passato, non sembra più in grado di superare l’ostacolo più arduo: quello della realtà.

Ed ecco quindi che parlare di Europa League, matematica se si vincesse con il Newcastle, sarebbe certamente la strada giusta. Perché se l’Europa League la giochi vai avanti e se vai avanti guadagni soldi, se guadagni soldi la puoi vincere e se la vinci sei in Champions senza passare dal campionato e in estate ti fai pure la Supercoppa Europea. E se…

La reale necessità

La realtà invece ci dice che questo Milano ha dei limiti che per la prima volta nell’epoca Pioli non è in grado di superare, dei limiti che per la prima volta farebbero bene ad essere chiari, vividi e consapevoli. Questo Milan deve raggiungere i primi quattro posti in campionato, punto. Perché quello non è un obiettivo, ma una necessità primaria. Ecco perché i 25 milioni massimi ricavabili dalla partecipazione all’Europa League farebbero comodo, ma a che prezzo?

Obiettivi contro necessità, limiti contro miracoli, sogno contro realtà. Io so a quale lato voler appartenere, ma so anche che non sempre quello che si desidera coincide con quello che si può avere.

 

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