Shevchenko: “Derby di ritorno? Sono positivo. La vittoria della Champions…”

By Luca Maninetti -

Andriy Shevchenko ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Milano Football Week, le parole dello storico attaccante rossonero

Andriy Shevchenko ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Milano Football Week, le parole dello storico attaccante rossonero:

Sull’arrivo in rossonero: La mia carriera al Milan è stata fantastica. Quando sono arrivato al Milan la prima volta conoscevo i grandi campioni e la società che c’erano… Io ero un ragazzo giovane, arrivando al Milan ho fatto uno step molto grande. Quello che mi ha impressionato più di tutto è che il Milan sia una famiglia: la grandezza di Maldini, Costacurta, Albertini… mi hanno accolto con un grande abbraccio, mi hanno aperto il cuore aiutandomi ad inserirmi bene in Italia. Costacurta è sempre stato vicino a me”.

Sulle prime emozioni: Mi sono sentito a mio agio esprimendo tutte le qualità al meglio. Io mi ricordo i primi gol, come la tripletta alla Lazio all’Olimpico, mi sentivo benissimo… Ho giocato contro Nesta ed è stato un momento bellissimo. Emozionarmi è parte del mio carattere. Ci tenevo tanto a venire a Milano, era un obbiettivo di diventare un giocatore forte anche per il mio Paese”.

Sul Pallone d’oro: “Non ci credevo… È sempre stato un mio sogno. Da bambino guardavo chi aveva vinto il pallone d’oro tra gli ucraini, io ero cresciuto guardando loro… Nel Milan guardavo Van Basten, attaccante incredibile. Il target era molto alto, è stato un sogno per me vincerlo. Quando l’ho saputo sono stato contento. Grazie ai miei compagni: senza il Milan, senza i miei compagni del Milan e dell’Ucraina non ce l’avrei fatta”.

Sulla trattativa con il Milan: “Sapevo che veniva un dirigente del Milan per incontrarsi con la Dinamo Kiev. Braida si presentava molto bene, elegante, con la cravatta. Mi portò una maglia del Milan e mi disse ‘tu con questa maglia puoi vincere il pallone d’oro’“.

Sulla prima volta a San Siro: “Quando venni per la prima volta a visitare San Siro mi fissi: io tornerò a giocare qui. C’erano altre squadre su di me, ma il Milan mi ha voluto di più. Quando Galliani venne a vedermi io non feci una grande partita, ma mi ero già fatto notare in altre gare”.

Sul rigore di Manchester: Ogni volta che ci penso mi emoziono. È il momento più bello della mia storia. Scrivere il mio nome dentro la storia del Milan è pazzesco. Non fu un anno facile per me. La stagione è cominciata molto male, con un infortunio di 3 mesi. Il rientro era stato molto difficile, Ancelotti cambiò formazione passando all’albero di Natale… Non mi piaceva tanto, ma funzionava. La squadra giocava bene. Io ero in panchina e soffrivo tanto, ma capivo anche il momento. Aspettavo il mio momento. E quel momento è arrivato contro il Real Madrid. Mi chiamó Ancelotti e mi disse che mi dava l’occasione di giocare. Ancelotti è un grande allenatore, lui crea sempre un feeling incredibile con i giocatori. Riuscì a motivarmi e io ero già molto motivato. Vincemmo 1-0 col Real con un mio bellissimo gol e li ripartì la mia stagione. Poi essere protagonista nelle semifinali contro l’Inter, partite difficilissime e molto sofferte, e in finale con la Juve è stata una emozione forte”.

Sul gol nel derby del 2003: “C’era tensione, qualcuno non riusciva a dormire, c’era tanta pressione… Nessuno voleva perdere. Quando giochi davanti non hai molto spazio e tempo, Cordoba era forte e mi marcava; io chiesi a Seedorf di passarmi la palla nel momento giusto. Lui mi capì e il mio gol arriva su un suo assist al momento giusto. Lo segnai con istinto, già sapevo come posizionarmi“.

Su Cannavaro: “La Serie A era la più forte del mondo. Il Parma era fortissimo, per esempio, senza citare le big storiche. C’erano grandi nomi e grandi giocatori. Cannavaro aveva personalità, non lasciava mai spazio, veloce, saltava bene, bisognava trovare i mezzi per sbilanciarlo. Ognuno di noi ha i suoi trucchi. Io studiavo sempre bene i difensori. Ho visto tante immagini di Cannavaro e sapevo che era molto bravo sull’anticipo, quindi mi creavo spazio per andare incontro e poi sul lungo“.

Sulla personalità: “Io non penso che campioni si nasce, ma si diventa. Si nasce col talento, ma per diventare campione servono sacrificio, lavoro, intelligenza, voglia di migliorare. Trovare nuovi obiettivi un volta raggiunto uno. Bisogna saper gestire i momenti difficili. Ho visto grandi giocatori non saper gestire momenti di grandi pressioni, e quelli con meno talento che si trasformavano nei momenti di pressione, dando messaggio alla squadra di compattezza e di voglia di lavorare per la squadra”.

 

Sulla pressione e attesa per il derby di ritorno: “Racconto la mia esperienza. Eravamo tutti nervosi. Gattuso ci faceva pensare ad essere gruppo, vedendolo. Io cercavo di guardare Maldini: la sua, la sua esperienza, la sua grandezza, la sua tranquillità… Anche Costacurta ci guidava. Ma a me questa pressione mi piaceva tanto, mi eccitava, mi dava forza, mi incuriosiva il momento di grande tensione. Mi preparavo bene psicologicamente”.

Sul derby di andata: “(Sospira, ndr) Io sono positivo. Bisogna dimenticare il primo tempo. Nel secondo tempo c’è stata una giusta reazione, con spirito e atteggiamento giusto, con un piano di gara. Bisogna che il ritorno sia come il secondo tempo: si possono giocare così le proprie chances”.

Su Pioli: “L’allenatore ha tante pressioni. Ho tanto rispetto per Pioli: il lavoro che ha fatto nel Milan, con scudetto e semifinale, è positivo. Lui conosce bene la squadra, bisogna fidarsi di lui. Nel ritorno, con lo spirito nel secondo tempo, può succedere di tutto”.

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