Vivere il calcio nella sua totalità, a prescindere dal ruolo ricoperto, non è sempre comprensibile da chi non è appassionato. Ariedo Braida, ex dirigente del Milan, ha sempre interpretato il ruolo con passione e dedizione, affidandosi alla propria esperienza
Vivere il calcio nella sua totalità, a prescindere dal ruolo ricoperto, non è sempre comprensibile da chi non è appassionato. Ariedo Braida, ex dirigente del Milan, ha sempre interpretato il ruolo con passione e dedizione, affidandosi alla propria esperienza.
Ad oggi molte società fanno mercato affidandosi ad algoritmi da videogioco, spesso visionando i calciatori poche volte dal vivo. Un modo di fare mercato totalmente diverso dal passato, quando lo stadio e l’intuizione costituivano la base per i grandi colpi. Nell’esperienza in rossonero, con il contributo di Adriano Galliani, arrivarono diversi giocatori semi sconosciuti che poi si rivelarono dei campioni. Intervistato oggi da La Gazzetta dello Sport, Ariedo Braida in poche parole ha trasmesso una grande lezione di mercato agli operatori di mercato. Le sue parole:
“La matematica è una scienza e il calcio no. Il calcio è spesso approssimazione, si va per intuizioni, per genialate. Il calcio è territorio per artisti. Gli algoritmi possono aiutare, perché forniscono statistiche, numeri, dati oggettivi. Ma poi dev’essere sempre l’uomo a decidere, a scegliere, a valutare
Secondo voi un algoritmo che cosa mi poteva dire di Van Basten, di Gullit, di Rijkaard, di Savicevic, di Shevchenko o di Kakà? Mi diceva quanti tiri in porta aveva fatto, quanti con il destro e quanti con il sinistro, quanti gol aveva realizzato di testa, come si era mosso. Sì, ma la personalità dove la mettiamo? E l’atteggiamento verso i compagni? E il comportamento con l’allenatore? Quelle sono cose che deve valutare l’uomo, il dirigente, il presidente, e non stanno scritte in nessun algoritmo”.