Nelle ultime ore il fondo RedBird sembra aver scavalcato Investcorp nella corsa all’acquisizione del Milan. Una notizia che è arrivata senza nemmeno troppa meraviglia, visti i ritardi degli ultimi giorni tra gli arabi ed Elliott
Nelle ultime ore il fondo RedBird sembra aver scavalcato Investcorp nella corsa all’acquisizione del Milan. Una notizia che è arrivata senza nemmeno troppa meraviglia, visti i ritardi degli ultimi giorni tra gli arabi ed Elliott.
Una prima analisi
Partiamo dalle fonti per fare un’analisi il più oggettiva possibile. Nella giornata di oggi Sky UK ha rilanciato la notizia di una stretta finale tra RedBird ed Elliott per la cessione dei rossoneri. La cifra sul piatto sarebbe di 1.3 miliardi di euro, che potrebbe aumentare nel giro degli anni grazie ad alcuni bonus previsti alla firma. L’offerta spiegherebbe la scelta della famiglia Singer di cedere agli americani per una somma superiore a quella garantita dal fondo del Bahrein (1 miliardo e 180 milioni di euro).
Gli aspetti finanziari da chiarire
Eppure ci sono molti aspetti che non quadrano ancora. A partire dalla cifra oltre il miliardo che Gerry Cardinale, fondatore della società americana, sarebbe disposto a mettere sul piatto. Consideriamo che il patrimonio di RedBird ammonta complessivamente a circa 6 miliardi in asset, ovvero sicuramente una base finanziaria solida. Ciò vuol dire che, se le cifre fossero vere, per Cardinale l’acquisizione del Milan sarebbe l’operazione della vita: un investimento pari a più del 20% del proprio patrimonio (che potrebbe arrivare fino al 33% in caso di ulteriori bonus).
Le opzioni per il futuro del Milan
A questo punto sorge la prima domanda. RedBird è veramente disposto ad andare all in sul Milan? La risposta potrebbe anche essere sì, vista l’appetibilità del club, ma presuppone che non possano esserci grandi acquisti sul mercato. Più probabile che si torni ad un regime di austerità addirittura più stringente di quello dei primi anni di Elliott.
A meno che RedBird non voglia entrare come socio di minoranza, modello già attuato ad esempio con Fenway Sports Group (di cui detiene il 10%), gruppo a capo del Liverpool. Possiede inoltre il 13% della Yankee Entertainment and Sports Network, tv a pagamento degli USA. In questo modo Cardinale immetterebbe denaro fresco per Elliott, il quale rimarrebbe socio di maggioranza. L’obiettivo sarebbe quello di far ipervalutare il Milan e far entrare maggiori incassi, dividendo successivamente gli utili oppure vendendo in futuro. Una logica in linea con la descrizione di RedBird:
“RedBird investe con una mentalità imprenditoriale e di costruzione di società, con un’enfasi sui rendimenti azionari su periodi di detenzione più lunghi. La rete di fondatori e imprenditori di RedBird è fondamentale per la sua strategia d’investimento, e il suo gruppo altamente selezionato di partner sono co-investitori attivi che forniscono un supporto di capitale scalabile”.
Per trarne profitti
Il ruolo di co-investitore attivo diventerebbe la chiave nel futuro del Milan. Più soldi più acquisti, un dogma che potrebbe però essere così necessario, visto il recente risanamento del bilancio e la risalita del Milan di Pioli. Più probabile che l’obiettivo diventi la costruzione del nuovo stadio e una gestione più redditizia dei biglietti: in questo senso Cardinale ha già sviluppato negli USA il modello SeatGeek, cioè il Ticketone a stelle a strisce.
Investcorp, da parte sua, partirebbe con una disponibilità finanziaria maggiore. Con più di 37 miliardi di dollari di asset, gli arabi possiedono più di 6 volte il patrimonio del fondo americano. Al Ardhi ha alle spalle Mubadala, il fondo sovrano degli Emirati (242 miliardi di patrimonio) che detiene il 20% della stessa Investcorp. Eppure Elliott non sembra essere convinto da due fattori: l’offerta più bassa e l’esposizione con i prestiti (soltanto 800 milioni dovrebbero arrivare dalle tasche di Al Ardhi).
Difficile pensare però che anche l’offerta di RedBird possa essere subito cash senza nessun vincolo nei confronti delle banche. Probabile magari che il fondo americano chieda aiuto a Goldman Sachs, di cui Cardinale è stato dirigente per una ventina d’anni.