Sacchi: “Milan meno forte ma più gruppo, il Bologna è difficile”

By Riccardo Lionetto -

Milan favorito per lo scudetto e l’occasione di fuga in questa giornata: la risposta di Sacchi

Intervenuto sulle pagine del Corriere di Bologna, Arrigo Sacchi ha parlato della sfida che aspetta lunedì sera il Bologna a San Siro contro il Milan. Ecco le parole del tecnico sui rossoneri e sulla squadra di Sinisa, al quale dedica anche un augurio.

«Il Milan non è la squadra più forte, ma è quella che gioca meglio. Possono peccare in continuità, avendo diversi giovani, ma Pioli ha alzato al massimo livello i valori della rosa e sarebbe un degno vincitore del tricolore: per l’amore che ho per il calcio e per le emozioni che dà, mi piacerebbe che il Milan vincesse lo scudetto per quanto esprime sul campo. Poi nella dirigenza c’è Maldini: è sempre stato più grande dell’età che aveva, con un padre che gli ha insegnato tutto. Il Bologna invece è una squadra che può essere difficile da affrontare: mi hanno impressionato a Sassuolo, hanno messo in difficoltà la Juventus, prima di peccare di giovinezza. Anche i rossoblù hanno tanti giovani, gli alti e bassi sono normali: prima di arrivare al Milan allenai solo squadre giovani, lo so bene. A Parma con un attacco interamente under 22, tra cui Melli e Fontolan, e con il povero Signorini, allora venticinquenne, come giocatore più esperto vincemmo un campionato e l’anno dopo buttammo via la promozione in A».

Sul percorso di Pioli con il Milan

«Stefano lo conosco benissimo, è una bravissima persona ma le sue squadre non avevano sempre un’identità forte. Il suo Milan ce l’ha e la forza dei rossoneri è il collettivo: con collaborazione, comunicazione, sinergie hanno recuperato il disavanzo di esperienza e qualità rispetto alle altre big».

L’auguro a Mihajlovic e il campionato del Bologna

«La cosa più importante ora è che lui sconfigga questo problema di salute che è tornato: è un uomo forte, deciso, ma pur sempre un uomo. Gli auguro tutto il bene possibile. So che continuerà a seguire la squadra a distanza, come in passato: ci vuole una grande forza e una straordinaria passione per farlo. Trovare equilibrio è difficile, in questi anni il Bologna almeno non è mai stato in zona retrocessione con Sinisa e rispetto a prima è già un bel salto. Un premio Nobel come Rolland diceva “eroi sono tutti coloro che fanno quello che possono fare”: mi pare che il Bologna sul campo stia facendo questo, non si possono chiedere miracoli. Nello sport in Italia abbiamo fatto poco per acculturare le persone: pochi capiscono quando una squadra ha dato tutto».

Il calcio italiano, i giovani e le differenze con l’Europa

«Le cose stanno cambiando, lentamente come in ogni settore giovanile in Italia. Sto tornando a vedere qualche club che cerca di far giocare i giovani come una volta e va in campo a viso aperto: Spezia, Sassuolo, Verona. In ogni caso serve più cultura, sia da parte nostra sia della stampa: la vittoria senza merito o senza bellezza non è una vittoria. Due esempi di quando ero all’Atletico Madrid: venne da noi l’Athletic Bilbao, fece un gran catenaccio, ben fatto, finì 0-0. Marca il giorno dopo li massacrò, dicendo che non era calcio: in prima pagina mise un pullman davanti alla porta con le loro caricature e il filo spinato. Se una squadra gioca male, anche se vince, va scritto. Ricordo un’altra partita in cui battemmo 2-1 il Celta Vigo, restammo in 9 con le espulsioni di Torrisi e Chamot: qui i giornali avrebbero parlato di vittoria epica, là non fu apprezzata. Si giudica il risultato più della partita, si prendono scorciatoie: ecco perché negli ultimi dodici anni le spagnole hanno vinto sedici trofei internazionali e le italiane, spendendo in alcuni casi anche di più, zero».

La delusione mondiale dell’Italia

«Dopo l’Europeo vinto ci siamo sciolti. Anni fa vedendo una partita di una nazionale giovanile danese che giocava un bel calcio, pur con qualità relativa, Costacurta mi disse che il nostro Milan lo hanno copiato in tutto il mondo tranne che in Italia. Giocavamo un calcio dove i valori erano al primo posto, mentre al mondo d’oggi sono all’ultimo posto».

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